Il babà napoletano. Anzi no, polacco!

Una delle poche cose di cui noi italiani continuiamo ad andare fieri e che fa un po’ da collante in questi anni di crisi di identità nazionale è la nostra tradizione gastronomica. Come in tante altre occasioni, ce la cantiamo e ce la suoniamo, ma in questo caso ne abbiamo ben donde visto che anche il resto del mondo ci riconosce spesso i migliori piatti e sapori che l’umanità abbia mai prodotto. Tra le mille cose, non possiamo non citare una chicca dolce e gustosa come il babà, marchio indelebile della cucina napolet……. Cosa?! Polacca? Così pare… Torturiamo un secondo la nostra golosità: stiamo parlando di un dolce a base di uova, zucchero, farina, burro e lievito, e può essere prodotto in due formati, torta (cotta al forno) e pasticcino (al forno o fritto). Si distingue per la sua morbidezza dovuta alla lunga lievitazione, e nel caso del pasticcino per la sua forma a fungo e per essere imbevuto di rhum. Le varianti non mancano, sia sui liquori da sostituire al rhum, sia sulla possibilità di farcire il dolce con creme o primizie di frutta.
BabaMa cosa c’entrano il babà e Napoli con la Polonia? Stando alle fonti, tutto parte proprio in Polonia agli albori del XVIII secolo. Il suo re di allora, Stanisław Leszczyński, fu uno degli ultimi sovrani di quell’impero polacco-lituano che stava già subendo i primi colpi del declino (erano già iniziati dei movimentati conflitti che interessavano la Russia, la Svezia e la stessa Polonia). Dal 1725 divenne anche suocero di Luigi XV di Francia grazie al matrimonio tra il giovanissimo francese, allora 15enne, e la seconda figlia di Stanisław, Maria, di sette anni più grande. I suoi stretti rapporti con la Francia gli portarono il titolo di Duca della Lorena, ma non si sa con certezza se la culla del babà sia stata proprio la Lorena o la sua Polonia. Fatto sta che Stanisław era un bongustaio di dolci, vini e liquori, lui stesso dava spazio alla sua creatività in cucina e spesso la servitù gli preparava il kugelhupf, una torta della Germania meridionale soffice, spugnosa e decisamente asciutta. Qui la storia inizia a intrecciarsi con la leggenda. Una corrente di pensiero sostiene che l’invenzione del babà sia stata un incidente: vedendo che gli veniva servita per l’ennesima volta una porzione di kugelhupf, Stanisław scaraventò il piatto dall’altra parte del tavolo (o su una credenza) dove si trovava casualmente una bottiglia di rhum, che si ruppe. Il liquore si versò sul dolce, che dal suo giallo paglierino assunse una tonalità più scura, ambrata, diffondendo un odore a cui il re non poté resistere. Altri dicono invece che la creazione del babà sia stata ricercata, con il re che provò più volte a impregnare il dolce con vino Madeira, Tokaj, vino di Malaga, sciroppi vari, fino ad arrivare poi alla soluzione che noi tutti conosciamo. C’è infine chi nega le varie storie legate al re Stanisław, sostenendo che in Polonia esisteva fin dal XVI secolo un dolce cilindrico guarnito con frutta secca e zafferano, e che quindi poco avrebbe a che fare con l’Alsazia, la Lorena o la Germania. Aldilà di ciò, la versione definitiva del dolce non fu quella del sovrano polacco, e vedremo tra poco il perché.
Togliamoci velocemente lo sfizio di sapere come mai questo dolce si chiama proprio babà. Anche qui i contrasti non mancano. Chi parte dai racconti legati al re Leszczyński sostiene che il sovrano, innamorato della nuova creazione, lo chiamò come l’eroe del suo racconto preferito “Le mille e una notte”: Ali Babà (o semplicemente babà). Chi teorizza invece l’esistenza del dolce prima del sovrano lega il nome direttamente all’originale polacco “babka ponczowa“, o semplicemente a “baba“, che significa “vecchia signora” vista la somiglianza del dolce con le gonne a campana che le donne più anziane erano solite indossare. Le sue successive esportazioni in Francia prima e a Napoli poi avrebbero portato a mettere l’accento sull’ultima “a”.
Subito dopo il regno di Leszczyński il dolce sbarcò dunque nelle cucine d’élite della Francia, dove furono elaborate diverse versioni aggiungendo macedonie di frutta, altri tipi di liquori affini al rhum, o un impasto più spugnoso con una maggior quantità di latte a cui segue la spennellatura esterna finale con confettura di albicocche (babà Savarin, dal nome del suo inventore). Nel XIX secolo la gastronomia francese era già ritenuta da tutti molto raffinata, una cucina d’eccellenza, e varie famiglie nobili del Sud Italia, specialmente in Sicilia e Campania, si servivano della bravura di alcuni chef o capocuochi denominati dialettalmente “monsù” (o “monzù“): è l’italianizzazione del francese “monsieur”, anche se nella maggior parte dei casi si trattava di cuochi italianissimi. Erano però tra i migliori in circolazione, e a detta di molti esperti del settore incarnavano l’unione delle cucine francese e Sud Italica. In questi ambienti il babà ha conosciuto altre metamorfosi, e il “laboratorio culinario” che lo ha portato alla definitiva consacrazione è stato quello napoletano, che lo ha perfezionato nelle forme e nelle varianti disponibili oggigiorno, con la crema, le amarene, il rhum, il limoncello, o abbinato ad un semifreddo.
Tutti vogliono attribuirsi la paternità del babà, e perfino la forma a fungo è oggetto di diatribe: si parte dalla tesi secondo cui il babà a fungo già esisteva in Polonia ai tempi della babka ponczowa nel XVI secolo, la si contrappone a quella che vede l’inventore in Nicolas Storher, pasticciere franco-polacco giunto a Parigi proprio con Maria Leszczyńska, e si conclude con la parte italica secondo cui è stata un’équipe di monsù ad aver realizzato la caratteristica forma. Comunque siano andate le cose, da oggi sappiamo qualcosa in più su questo dolce così particolare, e soprattutto ci possiamo divertire a casa con la ricetta della torta babà, utile per fare anche i relativi pasticcini.

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2 risposte a Il babà napoletano. Anzi no, polacco!

  1. Nico ha detto:

    Esiste anche un dolce chiamato “La Polacca” che è tipico di Aversa ( Caserta ) con cui si fa colazione la mattina col caffè o cappuccino.

  2. Pingback: Una Pasqua tra uova colorate e gavettoni | Qui Polonia & Italia™

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